Ogni mercoledì i bambini venivano portati nel salone centrale, adibito appunto alla psicomotricità, il quale era preparato tutti con i vari oggetti di questa attività.
Le attività trasversali non venivano gestite dalle educatrici del Centro ma da personale esterno.
Come ogni seduta di psicomotricità i bambini avevano degli schemi da seguire :saluto iniziale seduti su un grande materasso rosso al centro della stanza, gioco libero con i vari oggetti forniti e chiusura dell'attività.
Durante questa esperienza ho potuto osservare con i miei occhi varie dinamiche che fino ad allora avevo solo letto sui libri.
La psicomotricità dà modo ai bambini si di giocare, ma allo stesso tempo di apprendere regole e norme.
Il ruolo dello psicomotricista è fondamentale durante l'attività.
Mi ricordo che durante il gioco libero F. e A. (2 anni e mezzo) iniziarono a litigare per un cubotto morbido. Inizialmente il litigio era solo di parole poi passarono alle mani.
La psicomotricista, ferma in un angolo, osservava attentamente i due bambini, non interrompendo sul nascere questa discussione, poi quando i due iniziarono a farsi male fisicamente intervenne prontamente.
In seguito mi spiegò che questo tipo di litigi son fondamentali, anzi fanno bene e ci devono essere.
In questo caso A. aveva il cubotto e stava giocando per conto suo, F. con un atteggiamento prepotente glielo tolse iniziando a giocarci lui, A. iniziò a piangere ma rimase fermo. Poi, iniziò "la lotta" tra i due. Un tira e molla circa di dieci minuti (-"è mio" -"no è mio lascia" -"lascia tu").
F. dal carattere forte e sicuro predominava su A., bambino timido e di poche parole.
A. cercava spesso l'aiuto delle educatrici, con sguardi e pianti, ma qui doveva essere lui a togliersi da questa situazione senza che qualcuno lo facesse al suo posto.
Qui F. iniziò a tirere i capelli e a dar piccole spinte ad A.
Alla fine, sfinito(A.) mollò la presa e così F., soddisfatto e felice andò a giocare da un'altra parte.
Qui intervenne la psicomotricista che prese A., in lacrime, tra le sue braccia (momento contenitivo) e si fece spiegare da lui cosa era successo. Poi prese F. e ascoltò anche la sua versione, dicendogli comunque se con quel gioco ci stava giocando A. o un altro bambino, non si toglie dalle mani ma si chiede oppure ci si gioca insieme oppure ancora si gioca con altro, data la vastità della scelta.
Così propose a F. di chiedere ad A. se voleva giocare insieme a lui. A. ancora deluso e triste dalla "sconfitta" titubò un po' nello rispondere ma alla fine accettò.
"Si può conoscere di più su un bambino in un'ora di gioco che in un anno di conversazione"